Prima dell’avvento delle moderne tecnologie (anni ’70) era possibile effettuare la diagnosi di portatrice solo misurando il livello del fattore carente nel plasma. Dagli anni ’80, lo sviluppo della biologia molecolare ha permesso di caratterizzare i geni del FVIII e FIX e utilizzare nuove metodiche diagnostiche più approfondite e raffinate che studiano il DNA del paziente
Scopo della diagnosi prenatale è offrire ai genitori la possibilità di conoscere in tempi relativamente precoci (I/II trimestre di gravidanza) se il feto è affetto da emofilia.
Attualmente, con lo sviluppo delle tecniche di biologia molecolare, è possibile effettuare la diagnosi prenatale direttamente sul DNA fetale attraverso il prelievo di villi coriali (villocentesi) o di liquido amniotico (amniocentesi). Con queste tecniche si può conoscere sia il sesso che il cariotipo (corredo cromosomico) fetale per escludere la presenza di eventuali anomalie cromosomiche. Nel caso il feto sia di sesso maschile si procederà alla diagnosi molecolare con cui si dovrà verificare se il feto ha ricevuto dalla madre il cromosoma X portatore del gene del FVIII/FIX mutato o il cromosoma X con il gene sano.
Tratto da:
http://www.alekos.org/apa/fondazionevilla/emofidiagno.htm
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tratto da AICE Associazione Italiana Centri Emofilia
Dalla diagnosi di portatrice di emofilia alla diagnosi prenatale